Maria Rosaria Tranchina
Impulso a correre verso il frigorifero!
Quanti di noi, soprattutto se trascorriamo molto tempo in casa, ci ritroviamo in una danza tra le attività che stiamo svolgendo e il frigorifero o la dispensa? In tanti! e spesso la noia accomuna queste abitudini. Ma è realmente la noia?

Analizzando i comportamenti e le storie di numerosi pazienti, le relazioni con il cibo e il loro corpo, autori hanno proposto una lista di distorsioni cognitive. Questa lista consente di classificare il paziente, permettendo allo specialista in scienza dell’Alimentazione di lavorare sui pensieri, gli atteggiamenti e i comportamenti che inducono alla ricerca costante del cibo, fornendo strumenti utili per giungere alla consapevolezza alimentare e corporea.
Il soggetto, motivato a voler risolvere questa battaglia con il cibo e l’insoddisfazione corporea, potrebbe riconoscendosi nella lista che riporto, lavorare su se stesso, e in sinergia con lo specialista, rendendo il percorso alimentare più lineare. Ciò denota un atteggiamento consapevole, e favorisce il raggiungimento degli obiettivi attraverso strategie nutrizionali mirate.
Tra i seguenti punti dove si collocano i tuoi pensieri e i tuoi comportamenti?

Classifichi il cibo in “buono o cattivo”?, in “questo alimento fa bene e questo no” ?(atteggiamento Bianco o Nero);
Definisci delle regole? “Dovrei/devo mangiare questo alimento!”;
Nelle scelte alimentari tendi a ricercare la perfezione? (virtuosismo);
Non ti reputi capace di condurre una corretta alimentazione e abbandoni prima ancora di iniziare?;
Ti comporti come un bimbo, e non vuoi definire una base di regole alimentari? Es. orari dei pasti, quantità?;
Avvisi costantemente il senso di colpa che ti induce a sospendere un piano nutrizionale o a non iniziarlo?;
Ricerchi il confronto? Dunque hai un modello di riferimento da seguire e tendi a definirti “più bravo di”, “meno bravo o peggiore rispetto a….”, nell’intraprendere un percorso alimentare?;
Tendi a etichettare i tuoi comportamenti alimentari (mangio come un maiale) e le tue forme corporee (“sono grasso come una mucca”)?
Tutti questi pensieri e comportamenti, in cui sono certa ti sarai riconosciuto e imbattuto, contribuiscono a sentimenti di tristezza, dubbi, sopraffazione, che limitano l’inizio di un percorso che si inquadra in uno stile di vita alimentare sano, e che spesso conducono al frigo alla ricerca di cibo poco sano o non necessario.
E’ possibile rimodellare la relazione che hai con il cibo e i tuoi pensieri, senza ritornare nella spirale che conduce alla perdita del controllo e delle abbuffate.
La stanchezza, la solitudine, la tristezza e altre forme di stress, possono creare e perpetuare sentimenti e pensieri negativi.
Questi sono spesso causa di rifugio nel cibo, dunque attraverso la consapevolezza della fame emotiva (“emotional eating”), incoraggio il paziente a riprendere, anticipando il senso di colpa che potrebbe innescare ulteriori circoli viziosi.
Molti si ritrovano a pensare in maniera ossessiva al cibo e alla forma corporea, ma attraverso la consapevolezza è possibile aiutare il paziente a ritornare nel momento presente.
L’obiettivo di questi articoli è quello di fornire strumenti pratici al lettore o al paziente. In funzione degli obiettivi da raggiungere, la figura del coach esperto in Scienza dell’ Alimentazione e mindful eating, gioca un ruolo chiave.
Quindi dopo avere letto i punti sopra, come dovremo affrontarli?

Ricordati che la vita non si misura in bianco/nero, tutto/niente, esistono momenti che richiedono flessibilità di azione nei confronti del cibo;
Le regole sono importanti, ma dovrei definire le mie priorità e non quelle comuni, o rischio di generare regole che procurano ulteriore stress;
La perfezione è qualcosa a cui dovremo tendere, ma in effetti, se talvolta non riusciamo a raggiungerla non dobbiamo ricadere nella disperazione;
Lo sforzo per raggiungere un obbiettivo conta indipendentemente da quello che fin ora siamo riusciti a fare, porta in se la volontà, un nuovo impegno;
Comportarsi da adulti è la base, ma chi di noi non ha bisogno di momenti di leggerezza alimentare, che rievocano momenti fanciulleschi; È opportuno definire la frequenza con cui questi momenti accadono e magari pianificarli;
Il senso di colpa va superato prendendo atto del piacere che quel cibo o quel comportamento hanno scaturito;
Confrontarsi non è ragionevole, poiché ciascuno di noi vive momenti con un’intensità diversa;
Affibbiare etichette a noi stessi spesso ci configura a cose o animali, ma è bene ricordarci di essere umani, con le proprie emozioni/imperfezioni.
Esaminando i pensieri e le distorsioni, lavoro con il paziente aiutandolo a configurarsi in un atteggiamento/pensiero ricorrente. Ciò consente di ridefinire le risposte ai pensieri o agli atteggiamenti, incoraggiando il paziente a ridurre consapevolmente “numericamente i fatti, i comportamenti”.
Si innesca un circolo positivo tra le nuove abitudini alimentari che limitano le ricadute, rendendole episodiche.